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22 Maggio 2019Grande partecipazione e attenzione a Roma per il convegno “Decidere sulle Grandi Opere. Il DPCM 76/2018 e il Dibattito Pubblico”, svoltosi lunedì 20 maggio 2019. Organizzato dall’Avvocatura Generale dello Stato – che ha ospitato l’evento presso la Sala Vanvitelli – e dal Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, il convegno si è svolto in occasione della pubblicazione del volume Il Dibattito Pubblico, edito da La Tribuna, prima pubblicazione ragionata sulla nuova disciplina introdotta con il DPCM 76/2018.
“L’obiettivo del Dibattito Pubblico è venire incontro alle esigenze della collettività”, ha ricordato il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, intervenendo in apertura di lavori. “Molto spesso alcune decisioni infrastrutturali sono state mal digerite e mal recepite dalla collettività non perché fossero sbagliate nel merito, ma perché non erano condivise. Oggi siamo a un buono stato di avanzamento: si sta costituendo la Commissione preposta al controllo del Dibattito Pubblico e presto avremo il primo esempio, su un’opera da lungo tempo attesa come la Strada Statale 106 Jonica in fase di progettazione definitiva”.
Il Dibattito Pubblico si può configurare come un punto d’incontro privilegiato tra gli interessi del pubblico e del privato, che restituisce alla politica un ruolo irrinunciabile di sintesi tra le esigenze delle parti in causa. Come specifica il Capo Ufficio Legislativo del MIT Alfredo Storto, non si tratta di uno strumento pensato per scavalcare le intermediazioni e porsi come “alternativo” o sostitutivo rispetto alla democrazia rappresentativa: “C’è sempre bisogno di un’attività di analisi degli interessi, di quelli privati e di quelli collettivi, e di una sintesi tra questi. Un’azione che non può che essere demandata alla politica. Non è un nuovo modo per decidere, ma un’opportunità per riconquistare autorevolezza, guidando processi decisionali più critici”.
Quali sono dunque i confini entro cui possono muoversi tali forme di partecipazione attiva? Fino a che punto la rappresentanza dei cittadini sul tema delle grandi opere si può definire appropriata? Queste le domande fondamentali, anticipate dall’Avvocato Generale dello Stato Massimo Massella Ducci Teri, a cui i relatori del convegno hanno cercato di dare una risposta.
I rischi nel contesto italiano
Le problematiche relative alle opere pubbliche in Italia non riguardano soltanto il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali. Il tema va affrontato da un punto di vista più ampio, a partire dagli aspetti maggiormente critici della committenza pubblica nel nostro Paese: nello specifico, i tempi eccessivamente lunghi e la centralità del contenzioso come strumento di risoluzione delle controversie. “Non a caso – ha spiegato Andrea Zoppini, Professore Ordinario di Diritto Civile all’Università Roma Tre – se in Germania il professionista chiave nelle opere pubbliche è l’ingegnere e in Francia è l’economista, in Italia è l’avvocato.” Il problema risale al sistema di aggiudicazioni basato sul massimo ribasso, per cui è naturale che un’azienda aggiudicataria, che svolge l’attività sottocosto o con margini di profitto minimi, non abbia particolare interesse a portare l’opera a una conclusione rapida e anzi, sfrutti le occasioni di contenzioso.
Le potenzialità della democrazia partecipativa
A fronte di queste criticità, il Dibattito Pubblico offre alla politica una possibilità di riavvicinarsi ai cittadini, rinsaldando un rapporto di fiducia che si è andato sempre più deteriorando negli ultimi anni. Come ha ricordato Lanfranco Senn, Professore Emerito di Economia Regionale all’Università Bocconi, il Dibattito Pubblico non è in sé il momento della presa di decisione, ma una fase propedeutica per trovare la convergenza degli interessi in gioco. “Occorre capire se una grande opera serve a creare economie esterne o genera diseconomia. Il fine è lo sviluppo sostenibile, nel tempo e in tempo”. Come? Innanzitutto definendo chiaramente il progetto e i suoi obiettivi, per poi descrivere le alternative progettuali e la loro fattibilità; identificare gli effetti diretti e indiretti; quantificare “costi” e “benefici”, mettendo anche a disposizione le informazioni finanziarie.
L’importanza del Dibattito Pubblico – sottolinea Senn – deriva da alcuni aspetti culturali della società contemporanea: una crisi di fiducia, in cui gli interessi individuali prevalgono su quelli collettivi, mentre i corpi intermedi preposti alla mediazione degli interessi perdono di autorevolezza ed efficacia. In mancanza di luoghi in cui si possa esercitare una riflessione generale, emergono sempre più di frequente figure carismatiche che cavalcano le singole proteste, e che sarebbe opportuno riportare entro un alveo di regole condivise.