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08 Luglio 2024“Futura praeteritus” Riflessioni sull’intelligenza artificiale nella dimensione del progetto
Spunti per il programma della prossima Consiliatura del Collegio (2024-2027)
di Davide Luraschi, Claudio Sangiorgi
Estratto da Recupero e Conservazione Magazine, maggio giugno 2024
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L’intelligenza artificiale sta esponenzialmente accentuando la sua velocità e la sua capacità di sintesi delle informazioni ricavabili da archivi e lussi di dati, parimenti in costante crescita sul libero dominio del web.
Si tratta di un fenomeno che sembra configurare una quarta e ancor più sconvolgente rivoluzione digitale rispetto alla prima, rappresentata dall’avvento del computer, alla seconda, con l’avvento di internet, e pure alla terza imperniata sui dispositivi cellulari mobili e sulla loro plurima versatilità di prestazioni.
Rivoluzione indubbiamente con risvolti di concretezza operativa decisamente interessanti, ma che pone una altrettanto non irrilevante serie di quesiti e di perplessità, tanto da imporre una seria e laica riflessione su di essi e sulle opacità di un utilizzo di questo potente mezzo che non poggi su una salda consapevolezza disciplinare e critica.
Il sapere universale si è costruito sino a oggi per sperimentale osservazione della realtà fenomenologica; per deduzione di leggi e principi di regolazione di essa inferiti da tale osservazione; per successiva applicazione di questi ultimi al governo di applicazioni tecniche e tecnologiche utili per la produzione.
Gli stessi testi e saggi divulgativi, pur anche costituendosi in antologie critiche di autori e contributi frutto di precedenti elaborazioni, mantenevano la realtà come soggetto della loro didascalica narrazione e della loro eventuale innovativa interpretazione, per tramite del rapporto diretto di queste pregresse esperienze, cui essi si riferivano: con l’osservazione dei fenomeni nelle loro molteplici declinazioni (naturali, sociali, culturali,
ecc.). L’autore, poi, quale che fosse il campo disciplinare cui si applicasse l’intento divulgativo, ne era un esperto e un competente, vuoi per pratica di esercizio professionale, vuoi per attento e approfondito vaglio teorico frutto di anni di studio, vuoi per personale e appassionato approfondimento.
L’intelligenza artificiale, indubbiamente, tende a scardinare questi pilastri, sostituendoli con nuovi paradigmi:
Questione, quest’ultima, in realtà, già profilatasi con la rivoluzionaria introduzione di Internet, nell’epoca della condivisione del sapere e della conoscenza a portata di tutti, con una velocità di accesso all’informazione mai vista prima che ha condotto a nuovi temi e problematiche quali la difficoltà, non tanto come in un tempo analogico e cartaceo (fatto di biblioteche e consultazioni lunghe di archivi e di testi, in una ricerca
frutto di incroci comparativi di fonti), di reperire le informazioni; quanto quella forse ben più complessa - per chi non ha gli strumenti, la cultura o l'etica - di saper discernere le informazioni corrette, da quelle false o dalle disinformazioni, o ancora dalle informazioni non verificate. E verso la quale si sta operando con politiche di pressione verso i grandi motori di ricerca della rete, affinché siano il primo e fondamentale filtro circa la
correttezza dei dati immessi; con risvolti non facili da dipanare circa l’insopprimibile rispetto del principio della libertà di espressione, quale essa sia.
In un ambito quale quello del progetto tecnico, tuttavia, sia esso di ingegneria, di architettura o di conservazione, il sito e i dati fattuali del progetto e dell’esistente sono un insopprimibile apriori del processo euristico, fondato sulla realtà.
Il progetto, poi per sua dimensione di prefigurazione del futuro, è sì sintesi: del contesto, della cultura del tempo, della comunità che lo commissiona, della storia e dell’identità incarnate in un’opera di architettura, del genius loci; ma, per l’appunto, non sintesi statica, punto di arrivo del percorso, bensì ponte gettato verso l’oltre, a significare il presente aprendo a un tempo lo sguardo verso il futuro.
È questo scarto, questo slancio, capace di assumere il retaggio del passato, per sedimentarlo in una ipotesi proiettata verso il tempo che viene, a costituire il cardine disciplinare di un sapere – quello della costruzione e della trasformazione antropica del territorio – che ha quale suo nume tutelare Giano bifronte e, almeno non per ora, l’intelligenza artificiale.
Anche perché si tratta di un sapere, che si fonda e fonde imprescindibilmente, semmai con accentuazioni distintive frutto di personali percorsi di ricerca, approccio scientifico, cultura umanistica, poetica artistica e consapevolezza tecnica. E sempre con l’obiettivo dell’eccellenza, il cui traguardo mal si presta a uno strumento pur potente di elaborazione la cui logica è quella del dato frutto del grande numero e della media e che
inevitabilmente tende a ricondurre a omogeneità di lettura anche valori che recherebbero in sé potenti fattori distintivi.
Il che non toglie che vi possano essere opere di edilizia e ruoli (per esempio, di coordinamento per la sicurezza) cui l’intelligenza artificiale possa utilmente concorrere a innalzare il tasso di qualità degli interventi: pensiamo a un’analisi statistica delle patologie edilizie più facilmente ricorrenti e delle loro cause/rimedi; o una verifica delle tipologie di infortunio in relazione all’uso di determinati mezzi di cantiere o fasi di attività. Si tratta di informazioni estremamente importanti e che possono accrescere di molto la qualità predittiva degli strumenti (capitolati e piani di manutenzione per le prime; prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento e del fascicolo per le seconde) di gestione degli interventi e dei processi di affidamento degli appalti d’opera.
In altri termini e come sovente ricorre, al loro apparire i nuovi strumenti, che si mostrano sostitutivi di abilità fino a quel momento ritenute solo umane, fanno sempre paura e timore. Tuttavia, come la più potente macchina fotografica digitale contemporanea, racchiusa anche solo in uno smartphone, non è paragonabile con la ricchezza di sfumature e di angolo visuale dell’occhio umano (e con il profilo psicologico dell’osservatore che lo sostanzia), così l’intelligenza artificiale, almeno per ora, è uno strumento di analisi/sintesi di tipo statistico; sicuramente efficace e in grado di fornire, come già ricordato, un valido concorso all’incremento del livello medio della qualità parimenti dei processi di progettazione, ma non sostituibile, ancora, a questi nell’ideazione del progetto. Come un ottimo programma di calcolo strutturale o di Fire Safety Engineering non può prescindere dal rapporto e apporto umano, sia nelle modalità di raccolta dei dati prima, sia nel loro inserimento poi, sino alla loro verifica e profilazione e all’analisi critica finale dei risultati. Così anche l'intelligenza artificiale non può per il momento prescindere da tutta una serie di considerazioni “umane”, anche fosse solo di analisi dei contenuti e di validazione dei processi e degli esiti.
Indagare gli apporti possibili dell’A.I. e le loro implementazioni nei processi di gestione e organizzazione dei percorsi di realizzazione di opere di Ingegneria e Architettura e ragionare sulla valorizzazione della capacità di ideazione dei progettisti, e sull’ulteriore concorso che a questa può dare l’A.I. (dichiaratone esplicitamente e correttamente l’uso), senza assumerne il minimo comun denominatore di esiti di risposta quale traguardo
ultimo: questi sono gli obiettivi che il Collegio Ingegneri e Architetti di Milano intende perseguire nella prossima Consiliatura - ormai alle porte (luglio 2024) – in termini di doveroso approfondimento e riflessione.